Quando mi sono avvicinata al mondo dell’adozione oltre a ricercare esperienze di altri genitori adottivi desideravo conoscere storie di figli adottivi adulti che potessero raccontarmi l’adozione dal loro punto di vista. Genitori e figli rappresentano due punti di vista differenti che insieme si intrecciano a comporre che cosa significa essere una famigli adottiva. Quando un anno fa in un seminario sulle tematiche adottive ho conosciuto Devi Vettori, nata in India 33 anni fa, blogger e mamma come me, sono stata catturata dalla sua calma e dal suo sorriso. Un concentrato di energie con la passione per la scrittura, un mezzo potente per raccontare le mille sfumature dell’esperienza adottiva. Amo il suo blog Un posto per me, le sue parole e i suoi pensieri mi emozionano sempre e mi permettono di guardare la storia adottiva attraverso gli occhi di una figlia.
Tra pochi giorni partirà il suo laboratorio di scrittura rivolto agli adottivi adulti: la scrittura sarà un modo per fare un viaggio dentro la storia di tanti figli adottivi che da adulti riprendono in mano la propria storia e la raccontano attraverso la fiaba.
A breve partirà il tuo laboratorio di scrittura “Mi racconto la mia storia” rivolto agli adottivi adulti. Ci racconti come è nata l’idea di questo laboratorio e come si svolgeranno gli incontri?
Il laboratorio è nato dalla mia esperienza personale con la scrittura, e dall’ idea che la narrazione, sia uno strumento prezioso nell’ elaborazione del proprio vissuto. Credo che a tutti, almeno una volta, sia capitato di immaginarsi in un altra storia, e i figli e i genitori adottivi, si trovano ad avere più storie da raccontare, spesso cercando di fare i conti con pezzi mancanti o dolorosi. Da qui, l’utilizzo della struttura della fiaba, che, soprattutto con gli adulti, si rivela un filtro potente, con cui poter guardare al proprio vissuto, con onestà ma in modo protetto. Perché, sono certa che tutto si possa, e si debba, dire e raccontare, ma servono modi ed accenti consoni, che possano mutare con noi.
E la bellezza, è proprio constatare che la storia che ci raccontiamo, la nostra storia, evolve, assume sfumature nuove, si fa buona compagna di viaggio, seguendo il nostro passo.
La struttura della fiaba, con personaggi, un ambientazione lontana in tempo e spazio, ed accadimenti vari che portano però, sempre ad un lieto fine, ci fornisce dei buoni appigli a cui far riferimento, per maneggiare vissuti che necessitano cura e delicatezza nel guardarci dentro, per non spaventarsi di quel che troveremo. In questo, è fondamentale il gruppo, anche esso mezzo, che può portare, lo comprendo, un po’ di timore, se non si è già abituati a condividersi, ma che si rivela sempre un regalo di spunti e vicinanza empatica. Gli incontri avranno momenti di creatività narrativa, ed altri di confronto e scambio. Proprio per questa duplicità, ci tengo sempre ad avere accanto un/a compagno/a di viaggio, un/a professionista che accompagni il gruppo nei passaggi delicati dell’ elaborazione personale. A Bologna saremo io e Daria Vettori (psicologa e psicoterapeuta), a cui mi unisce non la parentela, nonostante il cognome, ma un forte interesse per il tema della narrazione ed una, per me indispensabile per lavorare insieme, buona intesa personale.
Che cosa è per te la scrittura? Quando hai iniziato a scrivere?
Scrivere è per me il modo migliore con cui poter condividere il mio sguardo sul mondo, lo è da sempre, ed è stato, insieme alla lettura, la mia ancora di salvezza nei momenti più cupi. Fin da bambina, scrivevo un diario in cui mi raccontavo e trascrivevo frasi e pezzi di libri che mi risuonavano profondamente; tempo fa ne ho ritrovati qualcuno, di questi quaderni, ed è stato come sfogliare una personalissima antologia delle mie infanzia e adolescenza. Da qualche tempo ho aperto un blog, che assolve alla necessità di condivisione, ché rimarrebbe frustrata tra i soli tasti del pc. Non è stato semplice, all’ inizio ho lottato con la mia radicata ritrosia ad espormi in qualsiasi modo, convinta che non potesse interessare ciò che scrivevo. Ho cambiato idea, rendendomi conto, di quanto mi fossero di ispirazione le condivisioni di altre persone, quanto leggere spunti di altri fosse una risorsa, e così sono approdata sul web. E dai messaggi che poi ricevo, emozionanti e interessanti, sono felice di averlo fatto.
Sei diventata mamma da qualche anno, l’esperienza della maternità ti ha fatto rileggere con occhi nuovi anche la tua storia di figlia?
Diventare madre ha profondamente mutato lo sguardo sulla mia storia di figlia, ho riconsiderato molti aspetti e ho rielaborato il quadro d’ insieme. Certo, è stato un pezzo, di un percorso personale iniziato molti anni prima, ma credo sia stato decisivo. Dalla necessità, che sembrava inevitabile, di attribuire colpe, ho preso consapevolezza di una verità disarmante, nella sua semplicità: non ci sono colpe, ma contingenze storiche, antropologiche, culturali, e in base a queste, i miei genitori, di nascita e adottivi, hanno fatto, tutti, del loro meglio, con gli strumenti che potevano maneggiare. È decaduta l’idea di perdono, che sottende ad una presunta superiorità, e si è fatto strada un sentire empatico, di umana e profonda comprensione, per vite che si piegano a scelte quasi obbligate e la certezza che non è per merito, ma solo per le girevolte della vita, se io ho avuto la possibilità di vivere la mia gravidanza e il mio bimbo, in condizioni differenti da quella giovane donna, che trentaquattro anni fa, mi ha messo al mondo. E la possibilità di far nascere mio figlio e potergli crescere accanto, è un privilegio che mi commuove, sapendo che non è affatto scontato.
Si parla spesso in questo periodo di calo delle adozioni e di sostegno alle famiglie adottive, spesso ignorate dalle politiche familiari. Alla luce della tua esperienza quali pensi che potrebbero essere le iniziative per sostenere le famiglie adottive in tutte le loro fasi?
Negli ultimi anni, i supporti nel post adozione sono certamente cresciuti rispetto al passato, gli operatori e i professionisti sono più aggiornati e preparati; i genitori adottivi mi appaiono, mediamente, più consapevoli e meno chiusi al confronto. Di pari passo, crescono le associazioni e gli spazi per i figli adottivi, seppur in misura ancora minore. Non è però sufficiente e credo che la strada da percorrere sia di costruire maggiori sinergie tra le parti, intesi come spazi in aggiunta, e non sotitutivi di quelli esistenti; penso che lo scambio di spunti, i rimandi e gli stimoli che ne potrebbero nascere, porterebbero ad una visione più realistica ed utile del mondo adottivo.