Storie di adozione, esperienze ed interviste… la prima esperienza che presentiamo sul blog è quella di Giorgina e Silvano.
Accettano di chiacchierare con me sulla loro esperienza adottiva e sulla storia della loro famiglia perché credono fermamente nell’importanza delle testimonianze delle persone e dei loro vissuti nel delicato mondo dell’adozione dove spesso si parte scoraggiati e disorientati. Anche loro quando hanno mosso i loro primi passi hanno ascoltato altri genitori adottivi e confessano sorridendo che “alcuni incontri ti innescano delle emozioni”. Anche io ascoltandoli, mi sono emozionata e voglio farli virtualmente incontrare anche a voi.
I veterani dell’adozione
Giorgina e Silvano e i loro due figli Laura e Andrés mi hanno accolto nella loro casa a braccia aperte. Sono dei veterani dell’adozione, era infatti il 1992 quando per la prima volta da giovani sposi si affacciavano al mondo dell’adozione. Da allora sono passati 24 anni fatti di lungaggini burocratiche, di ricerca di enti ma soprattutto di due viaggi in Bolivia che li hanno resi genitori prima di Laura e poi di Andrés.
Cosa ha significato per voi l’adozione?
“Dopo esserci sposati siamo stati alcuni anni senza figli e poi abbiamo iniziato a fare una serie di analisi mediche e alcune cure non invasive senza ricorrere alla fecondazione in vitro. Abbiamo capito che il progetto per noi era quello di diventare genitori adottivi, i valori cristiani che avevamo alle spalle ci hanno aiutato molto. Non eravamo assolutamente dell’idea che dovessimo avere un figlio a tutti i costi. Ci siamo aperti alla vita, in tutte le sue forme. Abbiamo presentato domanda sia per l’adozione nazionale sia per quella internazionale. Non abbiamo messo alcun limite nel percorso adottivo, ad esempio eravamo pronti a partire per qualsiasi paese del mondo. L’ adozione ha illuminato la nostra vita, e non ci siamo mai più guardati indietro a pensare alla mancata procreazione biologica”
Una piccola parentesi per ricordare che negli anni in cui questa famiglia ha adottato non c’era ancora l’obbligo, per l’adozione internazionale, di rivolgersi ad enti o associazioni autorizzata. Era prassi anche gestire autonomamente la ricerca di un intermediario privato con situazioni anche poco trasparenti. A questo proposito mi dicono – “oltre a scegliere di adottare, abbiamo ulteriormente scelto quale ideale e quali valori avrebbero guidato il nostro cammino. Non avremmo mai accettato di ricorrere a delle formule “fai da te” come ancora accadeva in quegli anni. Abbiamo scelto di rivolgerci ad un’associazione dopo averne conosciute alcune perché quella rispecchiava il nostro ideale e ci sentivamo tutelati nei nostri valori. A certe condizioni che ci venivano proposte non avremmo adottato”
Quale è stata la difficoltà maggiore durante il percorso adottivo e nella vostra vita di famiglia adottiva?
Silvano: “Per quanto riguarda il percorso adottivo la difficoltà maggiore è stata capire per la nostra coppia ed in seguito per la nostra famiglia quale fosse la strada giusta da intraprendere, dovevamo scegliere una strada che fosse giusta per noi, per i nostri valori e per quello che avevamo alle spalle.”
Giorgina: “Il momento più difficile è stato quando i ragazzi sono entrati nell’età dell’adolescenza. Come per tutti i ragazzi è un’età critica e di ribellione ma per i figli adottivi si aggiunge una variabile con cui devono fare i conti: l’abbandono. Anche se i nostri figli hanno saputo da sempre di essere stati adottati solo nell’adolescenza hanno preso pienamente consapevolezza di che cosa significhi essere stati abbandonati dalla propria madre biologica. La carica emotiva dell’abbandono raggiunge il picco e si trasforma in paura di essere nuovamente abbandonati. Ci hanno continuamente messo alla prova dal punto di vista emotivo, per essere sicuri che noi non li avremmo mai abbandonati. Sono stati anni difficili e faticosi. Gli anni precedenti all’adolescenza sono stati anni relativamente facili in cui ci siamo allenati, abbiamo accumulato esperienze e strumenti e così abbiamo costruito un rapporto solido che ci ha consentito di resistere nelle difficoltà che poi sono venute. Senza queste certezze non sarebbe stato facile affrontare la crisi adolescenziale perché i figli ti rivoltano come un calzino, ti mettono a nudo e mettono in discussione tutto, talvolta anche le nostre certezze. La tanto temuta frase che tutti i figli adottivi prima o poi dicono “Tanto tu non sei mia mamma” puoi accettarla ed affrontarla solo se hai imparato prima ad amare tuo figlio per quello che è e se hai costruito un rapporto solido. Poi è arrivato un momento dopo un paio di anni di ribellione in cui mia figlia mi ha detto: “Mamma, ma tu sei invincibile”. Ecco quello è stato il momento in cui ha abbassato la guardia e ha smesso di provocare, ha capito che al di là di quello che lei avrebbe fatto noi l’avremmo amata comunque e non l’avremmo mai abbandonata.”
Sono rimasta silenziosa, quasi ammirata ad ascoltare con quanta passione e quanto amore questa mamma mi ha raccontato la sua esperienza. Ha gli occhi velati di commozione quando ne parla. Io non posso che fare tesoro di questo insegnamento, perché so che anche per mio figlio arriverà il tempo della ribellione ed io dovrò essere allenata abbastanza.
Come avete raccontato ai vostri figli della loro adozione?
“Abbiamo raccontato la loro storia da subito anche perché avendo tratti somatici diversi dai nostri si sono trovati da subito a dover gestire eventuali domande a partire dai compagni di asilo e scuola. Hanno da sempre voluto sapere come li abbiamo incontrati, il viaggio che abbiamo fatto per raggiungerli ma quello a cui sono sempre stati interessati sono le emozioni. Ci chiedono ancora oggi che sono ventenni di raccontare loro come ci siamo sentiti quando li abbiamo incontrati, vogliono sapere della Bolivia. Amano guardare le foto che abbiamo scattato e leggere il diario che abbiamo scritto per loro”.
Quali consigli dareste a delle coppie che si affacciano al mondo dell’adozione nazione e dell’adozione internazionale?
“Ci sono tre cose che consigliamo: essere convinti sempre della strada che si sta intraprendendo, imparare ad amare i propri figli e la loro storia, appassionarsi di adozione che vuol dire tenersi sempre informati, aggiornati e allenati per le difficoltà che arriveranno.”
Descrivete con un colore la decisione di adottare, l’attesa e la vostra famiglia adottiva
“La decisione di adottare è il bianco che per noi è il colore dell’apertura alla vita, a tutte le esperienze. L’attesa è il rosso che è il colore della passione ma anche il colore della paura di non farcela. E il colore dell’incontro con i nostri figli e della nostra famiglia non è uno solo ma l’arcobaleno come la moltitudine dei colori che caratterizzano la Bolivia. Abbiamo cercato di portare a casa un po’ dei colori della loro terra. E i nostri figli oggi sono “colorati”, amano molto i colori.”
Mentre sto per finire l’intervista arriva Laura, e quella Bolivia di cui mi parlano i suoi genitori mi sembra di vederla nei suoi occhi. Penso che dietro ai suoi occhi di ventenne c’è tutta la storia che mi hanno raccontato i suoi genitori. Laura mi dice che per lei i colori dell’adozione sono “per prima cosa il rosso dell’amore e il verde della speranza, la speranza che viene data ad un bambino di trovare una nuova vita”. Leggo nei suoi occhi la stessa commozione che poco prima ho letto negli occhi di sua mamma e so che è la stessa commozione che c’è nei miei occhi. Sto per andarmene ed arriva anche Andrés, nei suoi occhi la stessa dolcezza e la stessa serenità, è la prima volta che da mamma adottiva parlo con figli adottivi e penso a quando mio figlio avrà la sua età e mi auguro di leggere nei suoi occhi le stesse emozioni.